Se la stagione agonistica 2022-2023 è stato il mio anno zero nel mondo della corsa e trail running, il passaggio 2023-2024 voleva essere la consacrazione in queste discipline. Gli ottimi ed inaspettati risultati alle prime partecipazioni sulle distanze dai 15 ai 30 km mi hanno dato forza e motivazione per spingermi un po' più in la... Il 2024 poteva essere l'anno dell'approccio a distanze più lunghe, tentando una 50 km trail e concludendo la stagione con una maratona, corsa con l'obiettivo di finire agevolmente sotto il muro psicologico delle 3 ore.
Ho deciso di dedicare gennaio agli allenamenti di resistenza, inserendo però sempre una sessione settimanale di qualità in pista di atletica, eseguendo ripetute lunghe dai 1000 ai 3000 m. Le settimane erano dense di allenamenti e spesso non prendevo un giorno di riposo per 3 o 4 settimane di fila... Le prime gare Corsa della Bora e Lanaro Granfondo, entrambe da circa 30 km e 1000 m di dislivello, sono scivolate via senza infamia e senza lode, piazzandomi in entrambe nella top 10, leggermente sotto le aspettative. Avevo la scusante del meteo però: pioggia incessante alla Corsa della Bora e freddo pungente e ghiaccio alla Lanaro Granfondo... Non adoro particolarmente queste condizioni climatiche.
Da fine gennaio iniziava il periodo in cui avrei voluto inserire diversi lavori in salita e allungare settimanalmente la distanza percorsa, anche per controllare un po' il peso corporeo ed essere più prestante quando c'era da affrontare salite più pendenti. Gli impegni in programma per febbraio e marzo erano: Trail dell'Orso Lurbel Cup, Maunik Trail Lurbel Cup, Trail del Castello di Gorizia e Kokos Trail a Trieste. Tutte queste gare avrebbero dovuto servirmi per avvicinarmi a ritmi di corsa un po più elevati, dato che le distanze e i dislivelli erano minori (20 km circa ciascuna, con 500-1000 m di salita).
La prima in programma è il Trail dell'Orso nel Cividalese. Ci arrivo con la gamba dei giorni migliori, ma anche qui la costante meteo non sta dalla mia parte. La zona del Cividalese è nota per essere decisamente piovosa e quella domenica non fu diverso. Dopo pochissimi km Giove Pluvio si scatena, rendendo il sentiero in salita estremamente scivoloso, tanto che le mie scarpe danno totalmente forfait (scelta sbagliatissima dell'attrezzatura, ahimè) costringendomi al mesto ritiro.
Digerita l'onta, si riparte immediatamente con la preparazione, più motivato che mai, dato che in poche settimane si sarebbe corso sui sentieri di casa il Trail del monte Cocusso – Kokos Trail, al quale partecipa solitamente il gotha dei trail runner triveneti e sloveni. Dopo il 20esimo posto del 2023, volevo assolutamente entrare nella top 10. Il percorso di avvicinamento era lineare ed ero contento, tanto che arrivavo all'ultima settimana di tapering molto fiducioso. I km nelle gambe e i ritmi erano molto buoni. Il percorso è stato provato e riprovato tanto da conoscerne quasi ogni singola pietra (è tralaltro una zona in cui mi alleno molto spesso in bici e a piedi).
Sei giorni alla gara, allenamento di rifinitura con due salitine da 8-10 minuti al medio e pascolo nel resto del percorso... A metà della seconda ripetuta sento che il piede sinistro inizia a darmi fastidio. Inizio inconsciamente a modificare il modo in cui lo appoggio a terra e il modo in cui spingo. Da lì a poco, saranno stati 200 m, un dolore lancinante, da togliere il fiato e non riuscire più a correre. Neanche ad appoggiare il piede e camminare in salita. Disastro... Sono a diversi km dal punto di partenza e mi aspettano circa 300 m di dislivello in discesa per rientrare alla base. Non mi resta che camminare, a passo molto corto perlopiù, per non peggiorare il dolore al piede. Arrivato in doccia, mi risulta impossibile appoggiare il piede al suolo. Ogni movimento che comporti una pressione sui metatarsi mi ferma il respiro. Ho fatto un bel danno credo, ma continuo a confidare in un semplice affaticamento e nulla più...
Nei giorni successivi la situazione non migliora. La zona del secondo metatarso è estremamente sensibile, leggermente gonfia e il dolore è pressochè continuo. La diagnosi clinica più realistica sembra essere quella di un edema osseo da sovraccarico – frattura da stress... Un vero incubo per chi corre.
Sconfortato e demoralizzato, mi rendo conto che tutte le gare successive sono da ritenersi annullate. Il decorso di un infortunio di questo tipo è lento e un ulteriore sovraccarico potrebbe peggiorare ulteriormente la situazione. Riposo forzato? Certo che no... La struttura in questione subisce stress soprattutto durante i movimenti di flessione e estensione delle dita del piede, ma nella scarpetta da ciclismo con suola rigida, questo non accade. Ed ecco che dal terzo giorno post infortunio, inforco la bici (sui rulli) e mi metto a pedalare. Se devo rinunciare a correre per qualche settimana, cerco almeno di mantenere un discreto stato di fitness cardiorespiratoria. La prima pedalata va benissimo, senza alcun dolore durante l'allenamento. Decido di dedicare le successive 6 settimane principalmente all'allenamento in bici: dopotutto, erano diversi anni che mi allenavo esclusivamente in sella e mi ricordo ancora come si fa!
Gli allenamenti in bici risultano proficui e divertenti tanto che inizio nuovamente a passare una dozzina di ore a settimana in sella (in passato ero arrivato anche a 20), il che si traduce in un consumo calorico importante... In un processo di recupero da un infortunio però il corpo non può permettersi una restrizione calorica, ed ecco che in questo una buona supplementazione energetica durante gli allenamenti risulta indispensabile. I miei fidi compagni di viaggio Nduranz Regen e Nrgy Unit Drink, Training Bar e Nrgy Unit Gel mi corrono in aiuto!
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Non lascio nulla al caso dal punto di vista alimentare, iniziando un periodo di supplementazione anche con collagene, optando per Pro Flex di 4Endurance Pro.
Dopo le prime 3 settimane senza corsa, i sintomi al piede migliorano decisamente, tanto che inizio timidamente ad accennare qualche lunga passeggiata. Prima 5, poi 10 e infine anche 15 km di camminata in salita e discesa per boschi, senza peggioramenti. L'appoggio protetto mi affatica leggermente la caviglia e il tendine d'Achille, ma sono cose che avevo messo in conto. Nel frattempo le uscite in bici iniziano ad assomigliare a quelle dei tempi d'oro, in cui viaggiavo a 5 w/kg scorazzando su e giù sulle strade istriane.
Dato l'andamento incoraggiante dei sintomi, reinserisco nella mia routine settimanale di allenamento il sollevamento pesi: squat e stacchi pesanti mi aiutano a mantenere forza nei muscoli di cosce e glutei, mentre eseguendo dei calf leggeri rieduco dolcemente il piede a eseguire la fase di spinta.
A quattro settimane dall'infortunio è giunto il momento di accennare la prima corsa: 5 km alternando corsa e cammino, girando attorno a casa per esser vicino alla base in caso di eventi avversi. E invece va tutto secondo i piani. Usando scarpe ammortizzate e protettive riesco a portare a termine l'allenamento senza difficoltà, notando anche uno stato di allenamento cardiorespiratorio decisamente buono. Gli allenamenti in bici sono serviti!
Le uscite numero 2, 3, 4 e 5 seguono uno schema di alternanza tra corsa e cammino, in modo da non caricare subito troppo. La durata delle fasi di corsa aumenta progressivamente e la durata delle fasi di cammino si riduce, fino a riuscire a correre 8 km filati senza soste.
Sessione “riabilitativa” numero 8: si ritorna in salita. Sono un po' preoccupato, ma scelgo tre salite ripide che mi costringono a corricchiare all'inizio ma camminare a fine salita. Totalizzo 1 ora e 30 min di uscita con 13 km e 750 m di dislivello. Nessun dolore. Sono entusiasta. È stata un'uscita di trailrunning vero!
Sessione “riabilitativa” numero 9: l'esorcismo... A 6 settimane dall'infortunio decido di esorcizzarlo e voglio percorrere lo stesso percorso fatto quel fatidico 11 marzo. Prima salita tranquilla, e noto che i battiti sono nettamente più bassi e regolari se paragonati a 6 settimane prima. Seconda salita, quella del fattaccio: la prendo con calma e rispetto. Cerco di concentrarmi sul ritmo e respirazione, non pensando al piede e all'appoggio. Navigo nei miei pensieri e arrivo in cima senza nemmeno accorgermene. È fatta! Il rientro alla base è costellato di sorrisi e buone sensazioni.
Dopo 8 settimane posso dirmi pienamente guarito, pur continuando ad allenare il piede con esercizi specifici di spinta, con sovraccarichi e mantenendo il cross-training di qualità in bici. Allungo gradualmente le uscite e a breve riprenderò gli allenamenti di qualità in pista di atletica. In sostanza mi sento più forte di prima (anche se i ritmi di corsa attuali non sono ancora a livello dei miei personal best, ovviamente).
Questo mio primo infortunio serio (e per serio intendo che mi abbia costretto a sospendere l'attività per almeno un paio di settimane) mi ha aiutato a capire diverse cose: da atleta master ho preteso probabilmente troppo dal mio fisico, addensando eccessivamente gli allenamenti in preparazione della gara Kokos Trail, per la smania di bruciare le tappe e entrare subito al picco della forma. Il riposo, come l'alimentazione sono aspetti fondamentali che non andrebbero mai trascurati. In secondo luogo, un evento avverso nel nostro cammino sportivo (e non) può generare due reazioni: sconforto oppure reazione. Trovare il modo di reagire e innescare un processo virtuoso anche nelle difficoltà non è facile, ma è l'unica strada per il successo.
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