Rampigada Santa
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Rampigada Santa

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Una sfida infernale per ciclisti e podisti.
Rampigada Santa

In settembre si svolge la settimana europea per la mobilità sostenibile, un evento che mira a portare l'attenzione dei cittadini e delle istituzioni verso un mondo meno denso di autovetture e più incline agli spostamenti con mezzi di trasporto green, le proprie gambe soprattutto.

A Trieste questa data coincide con una manifestazione, La Rampigada Santa, che seppur giovane ha già raccolto un gran consenso grazie alla perfetta organizzazione da parte dell'associazione di promozione sociale SPIZ. Si tratta di una gara in salita a piedi e/o in bicicletta. Fin qui niente di particolare, direte, se non fosse che il nome “santa” mal si sposa con la diabolica salita che i nostri atleti devono percorrere in gara.

Il percorso è stato scelto apposta in quanto lo slogan recita “se si può salire su quella strada a piedi o in bici, allora si può andare a piedi o in bici ovunque”. Veniamo alle particolarità del percorso: una via (via di Scala Santa appunto) che si snoda dall'abitato di Roiano, in centro città, salendo sulle colline che sovrastano Trieste e finisce sulla terrazza panoramica dell'Obelisco di Opicina. Il dislivello non è eccessivo, segnando solo 320 m, da superare però in appena 2 km di lunghezza. La pendenza media è quindi del 16% ma in due tratti del percorso si supera il 25%. Non bastasse, la strada non è asfaltata bensì ciottolata. Un vero inferno per ciclisti e podisti.

Rampigada Santa ciclismo TriesteInferno per ciclisti e podisti? Sembra il paradiso per il nostro Miran Bole.

Dopo un'apparizione fugace alla Rampigada Santa, ormai parecchi anni fa, non vi ho mai più partecipato, conscio che i miei 80 kg mal si sposano con queste pendenze. Oltretutto solitamente a settembre mi prendevo un periodo di stacco dalle competizioni, nauseato ormai dalle decine di gare corse nell'arco della stagione. Quest'anno invece ho anticipato i tempi, staccando ad agosto e presentandomi a inizio settembre volenteroso di nuove sfide. E se sfida vuole essere, sfida deve essere.

Qualcuno si ricorderà che in agosto ho partecipato a una gara a staffetta a piedi. Ebbene da li (una volta recuperato dagli inevitabili acciacchi che mi ero procurato) non ho più smesso di uscire e correre, almeno 2 volte alla settimana. I tempi erano maturi per riattaccare il numero sulla maglietta e correre! Decido quindi di iscrivermi al duathlon santo, ovvero la combinata tra salita in bici e quella a piedi, sommandone i tempi. Animato da uno smisurato spirito agonistico punto direttamente al record del percorso, in mano a una nostra vecchia conoscenza, Andrea Mauri, assente giustificato in quanto in gara all'IronMan di Cervia (dove vi anticipiamo ha staccato un 8 ore 37 minuti che gli è valso la qualifica ai mondiali di Kona... COMPLIMENTI).

Se per la frazione in bici non ho grossi dubbi su come affrontarla, la gara a piedi è una novità assoluta. Non amando le improvvisazioni, nel mese che precede la gara mi alleno a correre in salita su diversi tipi di superficie, a diversi ritmi e con tecniche diverse, finché trovo una quadra del cerchio.

Si arriva al giorno della gara: decido di partire in bici in quanto è la mia disciplina più affine. La tattica è quella del “relative pacing” ovvero modulare l'intensità in funzione del tratto di percorso che sto affrontando, rifiatando quando la strada spiana (si fa per dire... la pendenza non scende mai sotto il 10%) e spingendo a fondo nei tratti più ripidi. Devo dire che la mia performance scivola via molto agevolmente, incitato da diversi amici incrociati sul percorso. Sprinto gli ultimi 50 m e stacco un onorevole 11 minuti 37 seconfi, che tralaltro è il mio record personale sul percorso. Meglio del previsto...

Corro a cambiarmi e abbandono la bici. Una volta indossate scarpe e divisa da running arriva la parte più ostica. Scendere nuovamente all'arrivo senza impastare le gambe. Chi cammina o corre in montagna sa quanto si dispendioso per la muscolatura e le articolazioni camminare in discesa. Mi prendo qualche pausa per sgranchirmi e fare qualche esercizio di mobilità articolare nell'arco della discesa e riesco a presentarmi al secondo start con una decina di minuti di tempo per effettuare un nuovo riscaldamento. Finora la tattica ha funzionato.

Faccio un rapido calcolo del tempo necessario per battere i 25 minuti 15 secondi del record del mio amico Andrea. Ho a disposizione 13 minuti e 38 secondi per concludere la mia fatica, che corrispondono a un passo di circa 6'55”/km.

Rampigada Santa podismo TriesteCiclista, giocatore di basket e ora anche podista. Miran non smette mai di sorprenderci.

Parto leggiadro ma già alla prima rampa accuso un fastidio alla schiena. L'orologio mi segna un passo di 6'30” e capisco di aver esagerato. Mio malgrado, devo calare il ritmo per non rischiare di piantarmi e dover camminare. Il passo medio sale vertiginosamente superando i 7min/km. Inizio a preoccuparmi ma mantengo i nervi saldi. So che ci sono due punti dove posso allungare la falcata e recuperare un po. Fortunatamente la riduzione di ritmo giova alla mia schiena e i dolori passano. Ricomincio gradualmente ad aumentare la frequenza del passo, mantenendo un passo corto e svelto. La strada spiana e allungo, vedendo che l'orologio scende nuovamente sotto i 7 min/km. Prendo fiducia e spingo. 6,55 min/km all'ultimo rettilineo. Sono circa 300 m... Infiniti. Chiudo quasi gli occhi e cerco di pensare solamente a mettere un piede davanti all'altro. Ultima curva, guardo l'orologio: 13:30. Taglio il traguardo in 13:34, ma in quel momento l'ossigeno che arriva al cervello è pochissimo e non riesco veramente a fare i conti.

Passa qualche minuto prima di realizzare che la somma di 11:37 e 13:34 fa 25:11 e quindi record ritoccato di 4”. Minimo sindacale, ma quanto basta.

In ultima analisi è stata un'altra esperienza molto divertente, che mi ha permesso di superare ancora una volta i miei limiti, soprattutto mentali.

Va detto comunque che uno sforzo di questo tipo non si può improvvisare (a patto di voler puntare a un risultato, che non necessariamente deve essere la vittoria, ma anche semplicemente migliorare il proprio record personale). Nel mese antecedente a questa gara i miei allenamenti in bici erano incentrati sullo sviluppo del VO2 max con ripetute dai 3 ai 8 minuti, mentre durante le uscite a piedi cercavo di migliorare la tecnica di corsa e sviluppare la forza di spinta in salita.

Per quanto riguarda l'alimentazione, è stato fondamentale stravolgere le mie abitudini da granfondista e biker da lunghe distanze. Lo sforzo breve ma intensissimo richiede carburanti più veloci da bruciare. In tal senso gli Nrgy Unit Gel con l'aggiunta di caffeina sono dei validissimi alleati.

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In gara ovviamente non ci sono le possibilità di assimilare nulla, diventa così di primaria importanza alimentarsi ed idratarsi bene prima della partenza. Per l'occasione ho usato Nrgy Unit Drink Buffer che mi ha permesso di ritardare l'insorgenza dell'acidosi muscolare dovuta al metabolismo lattacido.

Posso ritenermi estremamente soddisfatto di questa esperienza che è stata per me anche molto formativa. Ne trarrò sicuramente degli insegnamenti che mi aiuteranno nelle prossime sfide.

Stay tuned!

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